Un abbraccio e una preghiera per i medici italiani caduti durante l'epidemia di Covid-19Un abbraccio e una preghiera per i medici italiani caduti durante l'epidemia di Covid-19 

Prima di tutto: quando si pone il problema del pagamento o meno dei certificati medici?
La questione si pone solo per i medici convenzionati con il SSN (medici di famiglia e pediatri di libera scelta).
Infatti i medici dipendenti pubblici (ospedalieri) non hanno questo problema in quanto tutte le loro certificazioni sono sempre gratuite per il paziente, in quanto ricomprese nell'attività istituzionale del medico pubblico.
Sul versante opposto ci sono i medici liberi professionisti i quali, a contrario, hanno sempre diritto ad un compenso per la loro attività che, essendo di natura privata e libero professionale, non è mai ricompensata dallo Stato, ma sempre e solo dal privato cittadino.
Quindi valutare se e quando chiedere un compenso per un particolare tipo di certificato è una cosa che riguarda solo i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta.


Seconda cosa da chiarire: il certificato ha un costo di per sé o rientra nella prestazione medica in generale?
Il rilascio di un certificato è un atto medico che solitamente rappresenta l'atto finale di una prestazione sanitaria iniziata con l'acquisizione del consenso, la raccolta dell'anamnesi, e proseguita con la visita medica. Tutto il complesso di questi atti costituisce la prestazione del medico.
Da ciò si comprende che il certificato medico non ha una sua autonoma consistenza, in quanto è logicamente inserito in una prestazione sanitaria. Di conseguenza non ha un costo di per sé, ma è la prestazione medica nel suo complesso (conclusasi con il rilascio del certificato) che può avere rilevanza ai fini del compenso per il medico.

Prendiamo in esame la situazione dei medici di medicina generale e dei pediatri. Quali sono i certificati gratuiti per l'assistito?
Alcuni certificati medici rilasciati dai medici di medicina generale e dai pediatri sono gratuiti per l'assistito perché rientrano nei compiti del medico previsti dalle Convenzioni Nazionali e/o dagli Accordi regionali. Si tratta di prestazioni che vengono pagate al medico dallo Stato e per questo motivo sono gratuite per il paziente.
I classici esempi di certificati gratuiti sono:

  • incapacità temporanea al lavoro;
  • riammissione a scuola;
  • attività sportiva non agonistica parascolastica;
  • assistenza domiciliare integrata;
  • denunce obbligatorie (nascita, morte, malattie infettive e diffusive, AIDS, ecc.).

Al di fuori di questi casi, quindi, il medico può pretendere un compenso?
Sì, perché al di fuori di questi casi, si tratta di prestazioni non retribuite dallo Stato e quindi a carico dell'assistito.
In pratica per le prestazioni non previste dalle Convenzioni Nazionali o dagli Accordi regionali, il medico di medicina generale e il pediatra agisce come un medico libero professionista puro.

Quant'è il compenso che in questi casi il medico può chiedere in libera professione?
Dopo l'abolizione del tariffario a norma del "Decreto Bersani" del 2006, non esiste più una tariffa vincolante, per cui ogni medico è libero di fissare le tariffe che crede. In ogni caso è necessario che il medico informi preventivamente il paziente sul costo della sua prestazione, in modo da evitare ogni spiacevole discussione. Una valida soluzione può essere l'affissione in sala d'attesa dell'elenco delle prestazioni a pagamento con il relativo costo, oppure la preventiva informazione che il medico o il personale di studio fornisce al paziente prima della prestazione.

Il medico può decidere di rilasciare gratuitamente certificati che sarebbero a pagamento?
Il medico, valutando il caso del singolo paziente, può ritenere opportuno evitare di chiedere il pagamento del certificato. Questo spesso succede per motivi di solidarietà sociale, per cui la scelta del medico di non farsi pagare è certamente apprezzabile. Se però questo comportamento viene tenuto solo per accaparrarsi clienti, rappresenta una forma di concorrenza sleale che deve essere ovviamente evitata.

Quando il medico riceve il compenso, deve sempre emettere fattura?
Certamente sì. E la deve emettere nello stesso momento in cui viene pagato, né prima né dopo. Il paziente deve uscire dallo studio con la fattura in tasca.

Sulle fatture per certificati a pagamento ci vuole o no l'IVA?
Fino al 2005 tutte le prestazioni mediche erano considerate esenti IVA e quindi la fattura del medico prevedeva solo e soltanto l'importo del compenso. Ma dal 2005, a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia Europea, bisogna distinguere: se la prevalente finalità della prestazione medica è la tutela della salute dell’interessato o della collettività, il compenso è esente da IVA. Invece se la prevalente finalità della prestazione è di natura accertativa o peritale o medico-legale, allora il compenso è soggetto a IVA.

Quali sono i tipici casi di certificati o prestazioni a pagamento esenti da IVA?
Sono, ad esempio, i certificati per:

  • buona salute, sana e robusta costituzione, attività ludico-motoria;
  • patenti di guida;
  • porto d'armi;
  • medicina del lavoro;
  • esonero dalle lezioni di educazione fisica;
  • infortunio a fini INAIL;
  • invio di minori in colonie o comunità;
  • ammissione di anziani in case di riposo;
  • invio in soggiorni marittimi o montani per motivi di salute;
  • avvenuta vaccinazione;
  • dieta personalizzata alla mensa;
  • idoneità a viaggi.

In questi casi, il medico deve riportare qualche dizione particolare in fattura per giustificare la non applicazione dell'IVA?
Va riportata la dizione: "Prestazione sanitaria esente IVA ai sensi dell'art. 10 n. 18 del DPR 633/1972". Si tratta di una dizione che spesso è già pre-stampata sui ricevutari per prestazioni sanitarie acquistabili in cartoleria.

Quali sono, invece, i casi di certificati o prestazioni a pagamento sui quali aggiungere l'IVA?
Sono, ad esempio, i certificati per:

  • invalidità civile;
  • infortunio a fini privati;
  • riconoscimento causa di servizio;
  • fini assicurativi;
  • idoneità allo svolgimento di generica attività lavorativa;
  • impossibilità a presentarsi in tribunale;
  • inabilità a riscuotere la pensione.

A quanto ammonta l'IVA in questi casi?
Al 22% del compenso.

Talvolta non è facile distinguere se nella prestazione medica è prevalente la finalità di cura o la finalità peritale...
E' vero, tant'è che la stessa Agenzia delle Entrate ha previsto una possibile soluzione: nei casi in cui la prestazione del medico sia contemporaneamente finalizzata alla cura della persona, ma abbia anche risvolti assicurativi o peritali, è possibile evitare l'applicazione dell'IVA se il medico riporta in fattura la dizione: "Riscontrata prevalente finalità di tutela della salute". Se viceversa la finalità prevalente della prestazione è di tipo assicurativo o peritale, non c'è bisogno di scrivere nulla in fattura, però allora deve essere applicata l'IVA.

Quali dati sono obbligatori sulla fattura?

  • il nominativo del medico e il suo numero di Partita IVA;
  • le generalità del paziente e il suo codice fiscale;
  • la data e il numero progressivo della fattura (che può essere un numero incrementale anno dopo anno, oppure ricominciare ogni anno dal n. 1 seguito dall'anno di competenza. Ad esempio "n. 1/2013", "n. 2/2013" e così via);
  • la descrizione della prestazione (ad esempio: "visita e certificazione medica");
  • l'importo del compenso;
  • l'eventuale dizione di cui sopra per le prestazioni esenti da IVA;
  • in caso contrario: l'aggiunta del 22% di IVA al compenso stesso.

Serve la marca da bollo sulla fattura?
Se il compenso è assoggettato ad IVA la marca da bollo non si applica.
Se, invece, il compenso è esente da IVA, si applica la marca da bollo di € 2,00 ma solo se il compenso è superiore a € 77,47.

Che cos'è la ritenuta di acconto?
Quando il medico fa una prestazione o un certificato a pagamento ad un paziente, nella fattura non applica mai la ritenuta d'acconto.
La ritenuta d'acconto si applica solo se la prestazione è a favore di imprese, enti, ditte o altri professionisti. In sostanza, non in favore di singoli cittadini, ma di soggetti titolari di Partita IVA.
Ciò premesso, la ritenuta d'acconto è una percentuale (solitamente del 20%) che si detrae dal compenso del medico e che il beneficiario della prestazione deve versare allo Stato. Con la ritenuta d'acconto, quindi, il medico "rinuncia" ad una parte del suo compenso, che va allo Stato in acconto alle tasse che il medico dovrà pagare in sede di dichiarazione dei redditi.

Il medico deve fare la fattura elettronica o cartacea?
Si rinvia all'apposita pagina informativa: https://www.ordine-medici-firenze.it/professione/strumenti-operativi/fatturazione-elettronica

Come deve riscuotere il medico il denaro che riceve?
Solitamente per la riscossione dei certificati a pagamento, lo strumento più utilizzato è il denaro contante (ma si veda la risposta successiva).
Dal 1° gennaio 2023 l'uso del contante è consentito fino al limite di 5.000 euro.

E' obbligatorio avere il POS per la riscossione tramite bancomat o carte di credito?
Dal 1° luglio 2020 i professionisti sono tenuti ad accettare i pagamenti tramite moneta elettronica, a richiesta del cliente.
Inoltre va ricordato che il cittadino-paziente può portare in detrazione dalle sue tasse solo le spese sanitarie che abbia pagato con strumenti tracciabili, per cui è evidente che sempre più cittadini pretenderanno di pagare la fattura del medico tramite bancomat o carta di credito.
Per approfondire, si rinvia all'apposita pagina informativa https://www.ordine-medici-firenze.it/professione/strumenti-operativi/fatturazione-elettronica (seconda parte).

I compensi riscossi dall'attività medica devono confluire in un conto corrente dedicato?
Non è obbligatorio, ma raccomandato.
Infatti, se il medico ha un solo conto corrente che usa sia per l'attività professionale che per la sua vita privata, le operazioni di entrata e di uscita di quel conto sono considerate dall'Agenzia delle Entrate tutte afferenti all'attività medica. Se invece il medico ha due conti separati, uno per l'attività professionale e uno per la sua vita privata, può meglio dimostrare la reale entità economica della sua attività di professionista.

Il medico può fare prestazioni "occasionali" senza possedere la Partita IVA?
L'art. 35 del Testo Unico sulle Imposte sui Redditi (TUIR) dispone che coloro che intraprendono una professione devono farne dichiarazione all'Agenzia delle Entrate che attribuisce il numero di Partita IVA.
L'art. 67 dello stesso TUIR regolamenta i "Redditi Diversi" fra i quali compaiono anche i redditi occasionali, considerandoli prodotti da coloro che non svolgono abitualmente attività di impresa o di professione.
Di conseguenza, un professionista iscritto ad un Albo (com'è il medico) non può invocare la disciplina del "lavoro occasionale", in quanto per i professionisti vale la regola dell'art. 35.
L'Agenzia delle Entrate, in più occasioni, ha sostienuto che un professionista iscritto ad un Albo non può mai dire di esercitare "occasionalmente" la professione, altrimenti non sarebbe iscritto all'Albo. L'iscrizione all'Albo, quindi, per l'Agenzia delle Entrate è indice di "abitualità" nell'esercizio della professione, tutto il contrario della "occasionalità".
Per questo è fortemente raccomandato di evitare le prestazioni occasionali e, in casi estremi, limitarle solo a sporadiche e non programmate situazioni ai medici di famiglia. Altrimenti per il medico sarà arduo relazionarsi con l'Agenzia delle Entrate in sede di eventuali verifiche e controlli.
Molto meglio aprire la Partita IVA usufruendo dei regimi agevolati previsti dalla legge.

Se il medico è in procinto di essere assunto come dipendente, può evitare nel frattempo di aprire la Partita IVA?
Vale sempre lo stesso discorso fatto sopra: è sempre meglio evitare prestazioni occasionali per i medici, salvo i casi "limite" sopra richiamati.
Si ricordi inoltre che anche durante la specializzazione può servire la Partita IVA (per eventuali attività di sostituzione ai medici di famiglia). Solo se si diventa dipendenti strutturati senza libera professione extramoenia la Partita IVA non è più necessaria.

Qual è il codice ATECO appropriato per gli studi medici?
I codici ATECO servono per classificare le attività economiche a fini fiscali e normativi.
I principali codici che interessano i medici e gli odontoiatri sono i seguenti:
- 86.21.00 - Servizi degli studi medici di medicina generale. Si tratta ovviamente dei Medici di Medicina Generale, ma anche dei giovani medici neo-abilitati che fanno sostituzioni ai medici di famiglia, guardie mediche e altre attività di medicina generale.
- 86.22.01 - Prestazioni sanitarie svolte da chirurgi. Si tratta di medici specialisti in ambito chirurgico.
- 86.22.09 - Altri studi medici specialistici e poliambulatori. Si tratta di medici specialisti in altre branche non chiurgiche.
- 86.23.00 - Attività degli studi odontoiatrici.

Considerazioni conclusive
Per curare correttamente gli aspetti fiscali dell'esercizio della professione è oramai indispensabile che il medico si avvalga di un consulente fiscale di propria fiducia, perchè la materia è altamente complessa e tecnica e, quindi, difficilmente gestibile da chi non è un fiscalista di professione. Comunque è importante che il medico abbia buona padronanza delle poche e semplici regole elencate in questo articolo per evitare la maggior parte di errori in cui può incappare.